Il dibattito pro o contro la promozione turistica del folklore è un dibattito di lunga durata che vede contrapporsi i sostenitori a quelli che sono contrari. Le critiche sono rivolte soprattutto al fatto che, per venire incontro alle aspettative del turista, si trasforma la cultura popolare in spettacolo, mettendo in moto “una macchina perversa” la quale, in cambio del vantaggio economico, richiede un’esibizione folklorica pittoresca e di facile realizzazione per accogliere il turista. Per realizzare la spettacolarità e quindi attirare turisti si “ripescano” feste, giochi “pseudo-etnici” o che si richiamano a una tradizione ormai scomparsa; s’inventano costumi, coreografie e modelli canori orecchiabili. Molti hanno visto in questo una preoccupante forma di “perdita dell’identità”, poiché si adulterano i residuali contenuti di “autenticità” e si dà vita ad un folklore “stucchevole”, vuoto, artificioso, senza senso né radici.
Alla fine degli anni ’50 Paolo Toschi sosteneva che era importante che tutti fossero partecipi dell’importanza storica e del valore delle tradizioni popolari e per ottenere questo l’azione si doveva svolgere su due direttive: 1) pubblicare opere, saggi, e articoli di divulgazione scientifica, nonché organizzare congressi regionali e nazionali; 2) intensificare le manifestazioni folkloristiche di maggiore attrattiva anche sotto il punto di vista del turismo, ma controllarle perché conservino il loro genuino carattere.

(Fonte foto: http://www.strettoweb.com)
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