Biagio è un Santo armeno venerato e conosciuto sia nella Chiesa Cattolica in Occidente che in quella Ortodossa in Oriente.
Visse nel IV secolo e morì per decapitazione a Sebaste (oggi Sivas) dove fu sepolto, all’interno della cattedrale.

Nel 732 alcuni cristiani armeni raccolsero una parte delle sue spoglie (un femore, il torace, una parte del braccio destro e del cranio), probabilmente per sottrarli alla furia iconoclasta, con l’intento di portarli a Roma. I resti, deposti all’interno di un’urna di marmo, furono imbarcati, ma una tempesta interruppe il viaggio a Maratea (in provincia di Potenza), dove le reliquie furono collocate all’interno di una cappella, edificata in cima ad un monte che sovrasta la collina (ora monte San Biagio). In seguito, nel XIII secolo, fu costruita una Basilica e le spoglie dal 1629, per volere del Re Filippo IV d’Asburgo, sono custodite all’interno della Regia Cappella.

Oltre Maratea, città di cui il Santo è il protettore, Biagio è venerato in altre località italiane, ed in molte di esse ne è anche il santo patrono. Alcune di queste vantano anche il possesso di qualche altro frammento del suo corpo, come avviene per molti altri santi.

San Biagio fa parte dei 14 “santi ausiliatori” (1), cioè i santi che vengono invocati per guarire determinati mali e la cui devozione si diffuse nella Germania del XIV secolo.

Nella celebrazione liturgica del 3 Febbraio, giorno in cui si festeggia il Santo, tradizionalmente si impartisce una benedizione speciale e s’invoca la sua intercessione, dato che Biagio è il patrono delle malattie della gola. Questa benedizione particolare viene impartita ai fedeli che lo desiderano, incrociando due ceri, eventualmente uniti con un nastro rosso.
Il sacerdote poggia le due candele benedette, unite in forma di croce, al di sotto del mento, nella gola del fedele. Questo rito viene accompagnato dalle seguenti parole dette dal sacerdote per invocare l’intercessione del santo:
“Per intercessione di San Biagio, Vescovo e Martire, Dio ti liberi dal mal di gola e da ogni altro male. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen”.

Una tale benedizione può sembrare al giorno d’oggi non solo “sorpassata” ma anche “superstiziosa”. Ma, come tutti questi riti, aveva nel passato un profondo significato. In Occidente le malattie della gola sono state in gran parte debellate grazie ai progressi medici, ma così non è ancora in altre parti del mondo. Un tempo erano soprattutto i bambini a ricevere questa benedizione poiché tra loro era molto alta la mortalità se avessero contratto la difterite, spesso confusa con altre malattie che colpivano la gola.
La più antica testimonianza scritta del legame tra San Biagio e la gola è contenuta nel trattato Libri medicinales scritto in greco dal medico bizantino Ezio di Amida (oggi Diyarbakır, antica città dell’Anatolia, in Turchia) vissuto nel VI secolo (527 – 565). Quest’opera monumentale, in 16 libri, fu tradotta in latino nel 1567 dal medico tedesco Johann Hagebut (latinizzato in Ianus Cornarius, Giano Cornari), vissuto nel XVI secolo (1500 – 1558).
“Se la spina o l’osso non volesse uscire fuori, volgiti all’ammalato e digli «Esci fuori, osso, se pure sei osso, o checché sii: esci come Lazzaro alla voce di Cristo uscì dal sepolcro, e Giona dal ventre della balena.» Ovvero fatto sull’ammalato il segno della croce, puoi proferire le parole che Biagio martire e servo di Cristo usava dire in simili casi «O ascendi o discendi»” (2).
Questa formula, che il medico doveva recitare verso coloro che avevano un osso o una spina conficcata in gola, è una chiara testimonianza, non molto tempo dopo la morte del martire, dell’usanza di ricorrere a lui per tutti i mali della gola.
Come mai San Biagio è considerato il protettore delle malattie della gola? La secolare tradizione è legata ad uno dei suoi famosi miracoli, narrati negli scritti che ci hanno tramandato la sua storia.
Una donna disperata portò a Biagio il suo figliolo che stava morendo soffocato a causa di una lisca di pesce che gli era rimasta conficcata nella gola. Il Santo, che oltre ad essere vescovo della città di Sebaste era anche un medico, benedisse un pezzo di pane e lo fece inghiottire al giovane: la mollica portò via la lisca e il ragazzo si salvò. Un’altra versione narra che il Vescovo impartì la benedizione al ragazzo e pregò Gesù Cristo affinché quel giovane e tutti coloro che avessero chiesto qualche cosa in suo nome, ottenessero il dono della salute. E il giovane guarì.

Oltre alla benedizione con le candele, tra i molti i riti legati a San Biagio per proteggersi dai mali della gola, in molti posti è tradizione anche distribuire dei piccoli pani, anch’essi benedetti, in ricordo sempre del miracolo del giovane che a seconda del luoghi hanno varie forme.
San Biagio e la Chiesa “della pagnotta” a Roma
A Roma si usa distribuire, nel giorno della memoria del santo, dei piccoli pani, chiamati le “pagnottelle di S. Biagio”, nella Chiesa di San Biagio degli Armeni.

La chiesa, denominata anche “San Biagio de Cantu Secuta” o popolarmente come “San Biagio della Pagnotta” si trova nel rione Ponte ed è una tra le tante che furono dedicate a Roma a San Biagio. È ubicata su via Giulia nei pressi del palazzo Sacchetti.

L’origine della chiesa è anteriore al X secolo (un’iscrizione riporta che fu restaurata nel 1072 sotto Alessandro II), e il nome de cantu secuta deriva da captum seccuta – e tra le altre corruzioni linguistiche, nel medioevo si trova talvolta citata anche con il nome di “gatta secuta”. La popolazione nel XIII secolo chiamava questa sponda del Tevere, dove oggi corre via Giulia, seccuta poiché qui il fiume quando straripava depositava molta sabbia che seccandosi dava origine alla seccuta: una strada, all’inizio di via Giulia, è ancor oggi chiamata “Via del Polverone” per questo motivo.

Dal XV secolo divenne usuale il nome di “San Biagio della Pagnotta” per i piccoli pani benedetti che il 3 Febbraio vengono distribuiti ai fedeli durante la messa solenne in rito armeno, insieme alla benedizione della gola. Queste pagnottelle dovevano essere consumate a piccoli pezzettini in caso di necessità, per evitare ad esempio complicazione nelle malattie della gola.

Nel 1730 la chiesa fu completamente rinnovata nelle forme attuali da Giovanni Antonio Perfetti. La facciata settecentesca, ad un solo ordine, ha il portale d’ingresso con quattro pilastri ai lati. L’interno, ad una sola navata, fu rifatto da Filippo Navone nel 1832. Nello stesso 1832 Gregorio XVI la assegnò agli Armeni di Santa Maria Egiziaca che la officiarono dal 1836 secondo il loro rito nazionale (3). Nella chiesa si conserva la reliquia della gola di S. Biagio (4).
San Biagio e il panettone ritardatario
In molte località italiane ci sono tante altre tradizioni popolari che si sono tramandate in occasione della festa del Santo. A Lanzara ad esempio, in provincia di Salerno, si usa mangiare la “polpetta di San Biagio”, mentre a Salemi, in provincia di Trapani, il 3 Febbraio si preparano i “cavadduzzi” (cavallette) e i “caddureddi” (la cui forma rappresenta la “gola”), dei piccoli pani.
Ma un’altra tradizione, ben radicata nel territorio e legata a San Biagio, è a Milano dove si usa mangiare il “panettone ritardatario”. È un panettone che si conserva dal giorno di Natale. La mattina del 3 Febbraio viene consumata, come prima cosa, una fettina di questo panettone natalizio “posso”, cioè secco, “per benedire la gola”, come si dice popolarmente: “A San Bias se benedis la gola e él nas”.
Ed è consueto, all’inizio di febbraio, vedere nei negozi di Milano vendere il “panettone di San Biagio”, quello appunto avanzato durante le festività natalizie.
Anche per i milanesi San Biagio è un santo molto amato ed una sua statua svetta su una delle guglie del Duomo.

Ma cosa c’entra il panettone con San Biagio?
C’entra perché al Santo viene attribuito un altro miracolo che riguarda proprio questo dolce natalizio, tipico milanese.
Si racconta che quando il panettone era stato già inventato, una donna si recò da Frate Desiderio poco prima di Natale. Voleva che le benedisse il panettone che aveva preparato per la sua famiglia. Il frate, forse per distrazione o perché era troppo occupato, si dimenticò del dolce. Anche la donna però dimenticò di ritirarlo. Passarono così i giorni e le settimane. Un bel giorno Desiderio vide il panettone, che non era stato più reclamato dalla donna, e pensando che ormai non lo volesse più indietro, iniziò, boccone dopo boccone, a mangiarselo. Il frate, visto che del panettone, a parte l’involucro di carta, non ne era rimasto più nulla, sperò che la donna se ne fosse dimenticata per sempre e che non sarebbe tornata a reclamarlo. Ma un bel giorno, il 3 Febbraio, la donna ricomparve e chiese a fra Desiderio il suo panettone benedetto. Il frate, tutto sconsolato, andò a prendere quel che rimaneva del panettone, cioè l’involucro vuoto ma, con suo grande stupore, vede che l’involucro di carta era nuovamente pieno con un bel panettone grande il doppio di quello che la donna aveva preparato. E il “miracolo” fu attribuito a San Biagio poiché avvenne nel giorno dei festeggiamenti a lui dedicati.
La voce si sparse per Milano e il Natale dell’anno successivo molti milanesi portano a fra Desiderio i loro panettoni per farli benedire, sperando di vederli poi, moltiplicati! Ma il miracolo non si ripresentò e fra Desiderio benedisse i panettoni dicendo ai suoi concittadini di lasciarne una parte da consumare il 3 di Febbraio. L’usanza da allora si radicò in tutta la città e, anche se al giorno d’oggi non si fanno più benedire i panettoni, è ancora in uso però mangiare la mattina, a digiuno, una piccola porzione del panettone di Natale o comprato a Febbraio, per proteggersi dai mali di stagione.
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Note:
1) Gli altri santi ausiliatori, oltre San Biagio, sono: 1. S. Acacio (o Aganzio), santo armeno del II secolo, invocato contro l’emicrania; 2. S. Barbara, santa turca del IV secolo, invocata contro i fulmini, la febbre e la morte improvvisa; 3. S. Caterina d’Alessandria, santa egiziana del IV secolo, invocata contro le malattie della lingua; 4. S. Ciriaco, vissuto nel II secolo a Roma, diacono e martire, invocato contro le ossessioni diaboliche; 5. S. Vito, santo lucano del IV secolo, invocato contro la corea (chiamata anche “ballo di san Vito”), la letargia, il morso di animali velenosi e l’idrofobia; 6. S. Cristoforo, vissuto nel III secolo in Asia Minore, invocato contro gli uragani e le pestilenze; 7. S. Erasmo, santo siriano vissuto nel III – IV secolo, invocato contro le malattie intestinali e i dolori addominali; 8. S. Giorgio, santo libico vissuto nel III – IV secolo, invocato contro le malattie e le infezioni della pelle; 9. S. Eustachio, vissuto nel III secolo a Roma, invocato contro i pericoli del fuoco e dell’inferno; 10. S. Egidio, santo di origini ateniesi vissuto nel VII- VIII secolo, invocato contro la pazzia e il panico; 11. S. Pantaleone, vissuto nel III secolo a Nicomedia, invocato contro le infermità di consunzione; 12. S. Dionigi, vissuto nel III secolo in Francia, invocato contro i dolori alla testa; 13. S. Margherita d’Antiochia, vissuta nel IV secolo ad Antiochia, è la protettrice delle partorienti.
2) “Aliud. Ad eductionem eorum, quae in tonsillas devorata sunt. Statim te ad aegrum desidentem converte, ipsumque tibi attendere jube, ac dic: egredere os, si tamen os, aut festuca, aut quid quid tandem existit: quemadmodum Iesus Christus ex sepulchre Lazarum eduxit, o quemadmodum Jonam ex ceto. Atque adprehendo aegri gutture dic: Blasius martyr o servus Christi dicit, aut adscende, aut descende.”. Cfr. “Critica in difesa degli atti di San Biagio, fatta da Alfonso Nicolai”, in Francesco Antonio Zaccaria, “Raccolta di dissertazioni di storia ecclesiastica”, Volume 2, Roma, Tipografia Ferretti, 1840, p. 304.
3) Sulla chiesa di San Biagio degli Armeni cfr. Christian Hülsen, Le chiese di Roma nel Medio Evo, Firenze, Leo S. Olschki, 1927, pp. 215- 216.
4) La reliquia denominata “osso della gola” di San Biagio, con la quale i fedeli dal 1617 il 3 di Febbraio vengono benedetti nella chiesa dei SS. Biagio e Carlo ai Cantinari in Roma, era precedentemente custodita in “San Biagio dell’Anello”, una chiesa medievale risalente al XII secolo, poi inglobata nella chiesa di San Carlo. Durante il pontificato di Eugenio IV (1431-1447) fu portata a San Pietro in Vaticano e posta in un prezioso reliquiario per essere poi rubata durante il sacco di Roma del 1527. Nello stesso anno, però, in seguito al forte interessamento del Papa, fu riscattata dal Cardinale Andrea Della Valle per la somma di 100 ducati d’oro: cfr. Giovanni Sicari, Reliquie Insigni e “Corpi Santi” a Roma, Alma Roma, 1998.
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Approfondimenti:
San Biagio Vescovo e Martire
San Biagio Vescovo e Martire nell’arte
Buongiorno,
altre notizie su san Biagio le potete trovare nel libro “Benedetta Maremma. Storia dei santi della bassa Toscana” edito dalla Sarnus.
Cordiali saluti
Marco Faraò
Grazie Marco per il suggerimento, buona giornata!