San Biagio Vescovo e Martire

Si conosce poco sulla vita di San Biagio, martire paleocristiano. Gli scarsi dati certi si sono mescolati con la leggenda già a partire dal secolo VIII. Anche se è impossibile disgiungere i dati storici da quelli leggendari, si deve tener presente che se da una parte non è opportuno che i racconti leggendari, che narrano del martirio dei santi dei primi secoli, vengano presi integralmente come dati storici, dall’altra non si deve ritenere che gli stessi racconti siano del tutto fantastici, poiché l’elemento storico di base esiste, e in genere riguarda quanto meno il nome, i luoghi dove si svolgono le vicende e i fatti originari.

S. Biagio Vescovo e Martire, Dipinto su tavola, sec. XVII, Torricella Sicura (TE)

Notizie biografiche le abbiamo nel Sinassario armeno (1), un antico martirologio dove è riportato un compendio del martirio di San Biagio; nella Legenda Aurea (2), compilata in latino intorno al 1280 da Jacopo da Varazze (Jacopo da Varagine), frate domenicano e vescovo di Genova; e nell’agiografia del napoletano Camillo Tudini, che compilò nel 1637 una raccolta di tradizioni orali sulla vita del santo “Narratione della vita e miracoli di S. Biagio Vescovo e Martire”.

Biagio nacque in Armenia (Turchia orientale), allora una provincia dell’impero romano, verso la fine del III secolo d.C. in una città chiamata Sebaste, odierna Sivas, denominata così dal 1071 dopo la conquista dei Turchi, situata alle pendici del monte Argeo.

Il contesto e il periodo in cui si colloca la vita e il martirio di San Biagio è quello dell’Asia minore che, agli inizi del ‘300, è uno dei paesi cristiani per eccellenza e dove il numero dei fedeli è tra i più alti. Ed anche per questo motivo le persecuzioni contro i Cristiani in Oriente furono tra le più dure e le più spietate.

In pochi anni, dalla Galilea il Cristianesimo si diffuse sia in Oriente che in Occidente e all’inizio del IV secolo copriva quasi tutti i territori dell’impero romano. In Armenia il Cristianesimo si diffuse nel tardo III secolo e questa nazione fu il primo paese, nel 301 d.C., ad adottarlo ufficialmente come religione di Stato.

Biagio divenne un medico e si convertì al Cristianesimo, attuando opere di misericordia: distribuiva denari e medicine; curava gli ammalati e infondeva speranza ai moribondi e agli infermi. Per questo, fu ben presto conosciuto, amato e ammirato da molti e, anche se non era consacrato né ordinato, il clero e il popolo della sua città lo elessero vescovo. Biagio così unì i suoi doveri di medico con i nuovi doveri vescovili.

Joseph Heintz il giovane (1600-1678), Madonna in gloria con san Biagio e sant’Antonio da Padova, Oratorio di S. Biagio – Confraternita dei Battuti, Monselice (PD)

Dal sinassario armeno apprendiamo che il martirio di Biagio avvenne sotto Licinio (3) che perpetrò una persecuzione contro i cristiani tra il 320 e il 324. Tale persecuzione è nota soprattutto per il martirio dei 40 soldati della XII Legione “Fulminata”, arrestati in quanto appartenenti alla religione cristiana. Visto che si rifiutarono di abiurare la loro fede, furono condannati a morire assiderati, nudi ed esposti al gelo invernale. A Roma fu loro dedicato un edificio di epoca traianea all’interno del Foro Romano, adattato a chiesa nel secolo VIII e noto come “Oratorio dei Quaranta Martiri Sebasteni”.

“Nel tempo della persecuzione di Licinio, imperatore perfido, san Biagio fuggì, ed abitò nel monte Ardeni o Argias; e quando vi abitava il santo, tutte le bestie dei boschi venivano a lui ed erano mansuete con lui, egli le accarezzava; egli era di professione medico, ma con l’aiuto del Signore sanava tutte le infermità e degli uomini e delle bestie ma non con medicine, ma con il nome di Cristo.” (4)

Biagio prega inginocchiato in una grotta del monte Argeo, dove si era rifugiato, fine Trecento, Abside della chiesa della SS. Annunziata in Sant’Agata de’ Goti (BN)

Biagio dunque si rifugia fuori città non per paura di morire, ma per continuare a guidare i suoi fedeli.

Anche la Legenda Aurea (che colloca il martirio di Biagio sotto Diocleziano), riporta che sui monti Biagio condusse vita eremitica: “gli uccelli gli portavano il cibo e gli animali selvatici andavano da lui in pace, e finché non aveva steso la sua mano per benedirli non si allontanavano. Se qualcuno di loro si ammalava, subito veniva da lui, ed era guarito” (5).

Seguendo ancora il racconto della Legenda Aurea si narra che “Un giorno il governatore di quella regione mandò i suoi soldati a caccia. Quelli, dopo essersi inutilmente affaticati altrove, capitarono per caso alla grotta di Biagio e videro lì di fronte una grande quantità di animali, che non riuscivano però in alcun modo a catturare. Sbigottiti lo riferirono al loro signore, che mandò moltissimi soldati a prendere Biagio e tutti i cristiani”.

Gustavo Girosi, San Biagio sul monte Argeo viene scoperto dai soldati mentre parla con gli animali, 1904, Particolare del ciclo pittorico del soffitto della Chiesa di San Biagio a Lanzara di Castel San Giorgio (SA)

Altre narrazioni sulla vita di Biagio raccontano che per festeggiare il quinto anno di regno dell’imperatore Licinio, a Sebaste furono inviati dei cacciatori sul monte Argeo per catturare gli animali per i giochi anfiteatrali. Alcuni di loro arrivarono per caso vicino alla grotta dove il vescovo si era rifugiato e assistettero ad uno spettacolo incredibile: animali di varie specie tigri, leoni, orsi, lupi, ecc., aspettavano, in prossimità della caverna dove l’eremita era intento a pregare, la sua benedizione e stavano tranquillamente gli uni accanto agli altri.

Biagio è tra i molti santi eremiti medievali che, grazie alla loro dedizione a Dio, riescono a domare la natura; nell’agiografia dell’Alto Medioevo il tema dell’accoglienza e dell’affetto di Biagio verso le bestie selvatiche fu molto diffuso. Il Santo infatti è anche patrono degli animali selvatici.

I soldatati-cacciatori dunque, sbigottiti e increduli, raccontarono quel che avevano visto al governatore imperiale che ordinò di arrestare l’eremita.

Biagio viene catturato dai soldati inviati dal governatore imperiale, Abside della chiesa della SS. Annunziata in Sant’Agata de’ Goti, BN, fine Trecento

Nel rientrare in città, lungo il percorso, Biagio compì molti miracoli tra cui i due più celebri con i quali è noto.

Il primo è il risanamento di un bambino che stava morendo soffocato a causa di una lisca di pesce conficcata in gola. Si narrano due versioni del miracolo: quella più popolare narra che Biagio, da esperto medico quale era, fece inghiottire al ragazzo un pezzo di pane che portò via la lisca e il ragazzo riprese a respirare. Questo metodo, tuttora ottimo, sarebbe stato ben poco miracoloso se Biagio, prima di far inghiottire la mollica al ragazzo, non avesse benedetto, con il segno della croce, il pezzo di pane. E per questo motivo si parlò di miracolo.

Secondo l’altra versione, narrata nella Legenda, il Vescovo stese le sue mani sul ragazzo, segnandolo con la croce e pregò Gesù Cristo che quel giovane, e tutti quelli che avessero chiesto qualche cosa in suo nome, ottenessero il dono della salute. E subito il giovane guarì.

Il miracolo del bambino salvato dal soffocamento a causa di una lisca di pesce conficcata in gola, Abside della chiesa della SS. Annunziata in Sant’Agata de’ Goti, BN, fine Trecento

Il sinassario è molto più scarso di dati riguardo questo primo miracolo, limitandosi a dire che “se qualcuno inghiottiva un osso, o una spina, e questa si metteva di traverso nella gola di lui, il santo con la preghiera l’estraeva, e sin da adesso ciò opera; se alcuno inghiotte un osso, o spina, col solo ricordare il nome di S. Biagio subito guarisce dal dolore”.

Grazie a questo episodio, compiuto sulla via del martirio, Biagio è il protettore da tutti i mali della gola.

Il secondo celebre miracolo di San Biagio, riportato sia nel sinassario che nella Legenda, è quello di aver restituito ad una povera donna quel poco che le era rimasto: un maiale, rubato da un lupo. Grazie alle parole del Vescovo, il lupo poco dopo restituì il maiale alla vedova. Naturalmente è da tenere presente il contesto entro cui si colloca questa leggenda: un animale come il maiale era considerato, per un’economia molto povera, una fonte di cibo per un intero anno e per questo un bene più che prezioso.

Allegretto Nuzi, Arresto di San Biagio e restituzione di un maiale ad una vedova, scomparto di predella, Newark (DE) Collezione Alana, 1350-1355

Biagio fu dunque condotto in carcere, visto che non aveva voluto abiurare la sua fede, nonostante le bastonate ricevute. E con forza proclamò che Cristo era Dio e maledisse gli idoli e coloro che li adoravano: “Sei pazzo se credi di poter spegnere in me, con i tuoi supplizi, l’amore per il mio Dio: non sai che lui è dentro di me e mi da forza?” (Legenda Aurea). E di nascosto, in carcere guariva i malati che gli venivano portati.

La povera donna, a cui Biagio aveva reso il maiale, avendo saputo della sua prigionia uccise il suo porco e portò al Vescovo la testa e i piedi, per dare da mangiare al Santo, insieme ad una candela e del pane. Biagio accettò volentieri i doni, chiedendo alla donna che, dopo la sua morte, celebrasse la sua memoria nel giorno della sua commemorazione con gli stessi oggetti: “Offri ogni anno in chiesa una candela a nome mio: te ne verrà del bene” (Legenda Aurea). E la donna farà quanto le è stato chiesto dopo aver ricevuta la notizia della morte del santo; e ne ebbe grande prosperità.

Non avendo abiurato la sua fede, Biagio fu appeso ad un legno: con pettini di ferro gli scorticarono la pelle e gli squarciarono le carni: “pectinibus ferreis dilaniatus […] dilacerato corpore, infranctus animus restitit (6). Fu poi nuovamente messo in carcere.

Per questo Biagio divenne il protettore anche di cardatori e tessitori dato che i loro strumenti sono simili ai pettini di ferro usati per il martirio. La cardatura è l’operazione che precede la filatura e serve per districare la lana e togliere i nodi; deve il suo nome alla pianta del cardo.

Anticamente le infiorescenze ricoperte di aculei del cardo dei lanaioli una volta seccate, venivano incollate nel legno ed usate per cardare la lana
Esempi di Scardasso o Cardatore, lo strumento munito di denti di ferro utilizzato per cardare a mano la lana

Dopo un nuovo periodo di prigionia, il governatore provò nuovamente a far abiurare la sua fede a Biagio ma il vescovo non cedeva e fu gettato in uno stagno (o in un fiume, a seconda delle fonti) ma Biagio non affogò.

La Legenda narra che il vescovo, segnò l’acqua che subito divenne solida come terra, e disse al governatore di far entrare 65 uomini nello stagno per provare che i suoi idoli erano falsi: gli uomini, appena entrati, furono subito sommersi d’acqua. Nel sinassario armeno invece si racconta che 79 soldati entrarono dentro al fiume per prendere il santo, che invece di affogare si era seduto sopra l’acqua, come se fosse un ponte. Ma i soldati affogarono tutti, mentre il santo uscì illeso.

A quel punto Biagio, non volendo abiurare la sua fede, fu condannato a morte tramite decapitazione. “Biagio intanto pregava il Signore che chiunque, malato alla gola o con qualsiasi altra malattia, invocasse il suo aiuto, fosse esaudito e potesse subito guarire. Ed ecco che dal cielo una voce disse che sarebbe stato come chiedeva.” (Legenda Aurea).

Abbastanza simile è la versione del sinassario: “Quando arrivarono a quel luogo, orò lunga orazione e domandò a Dio, che se alcuno inghiotte osso, o spina, che gli si attraversi la gola, e senta dolore, e preghi Dio col nominar lui, subito sia libero dal pericolo. Allora calò sopra di lui una nuvola, e si sentì da quella una voce che diceva: «Saranno adempiute le tue domande, o carissimo Biagio: tu vieni, e riposa nella gloria incomprensibile che ti ho preparato per le tue fatiche”.

Biagio morì decapitato nel 316.

“Maestro della Libreria Sagramoso”, Tre fatti della vita di san Biagio: San Biagio scoperto da un cervo in una grotta; Supplizio di san Biagio; Martirio di san Biagio, primo decennio del secolo XVI, Musei Civici di Vicenza
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Note:

1) Sinassario (in greco antico “riunire”) è il nome dato dal Cristianesimo orientale ad una raccolta di agiografie, assimilabile al martirologio della Chiesa latina. Per il testo completo del sinassario armeno vedi “Critica in difesa degli atti di San Biagio, fatta da Alfonso Nicolai”, pp. 303-312, in Francesco Antonio Zaccaria, “Raccolta di dissertazioni di storia ecclesiastica”, Volume 2, Roma, Tipografia Ferretti, 1840, p. 311.

2) La Legenda Aurea è una raccolta di vite di santi ed è fra i testi fondamentali per comprendere l’iconografia dell’arte sacra dal XIII al XVI secolo.

3) Anche nel Breviarium Sanctae Capuanae Ecclesiae, ex typis Angeli Trani, 1828, è narrata la vita di Biagio e si dice che il Santo dovette fuggire sui monti per colpa del tiranno Licinio: vedi pp. 7-10.

Licinio (lat. Valerius Licinianus Licinius) fu imperatore romano dal 308 al 324. Nel 313 si alleò con Costantino e sconfisse Massimino Daia, divenendo così unico imperatore d’Oriente. I due si divisero il potere dell’impero romano: Licinio in Oriente e Costantino, dopo la sconfitta di Massenzio, in Occidente ma ben presto, nel 314, i due imperatori entrarono in conflitto. Dal 320 Licinio ebbe un atteggiamento decisamente ostile verso i cristiani, nonostante l’Editto firmato insieme a Costantino nel 313 con il quale si garantiva ai cristiani libertà di culto. Dopo una breve tregua, durata qualche anno, nel 324 le ostilità tra i due ripresero e Licinio fu infine sconfitto e ucciso da Costantino.

4) Sinnassario armeno in “Critica in difesa degli atti di San Biagio…”, cit., p. 311.

5) Iacopo da Varazze, Legenda aurea, a cura di Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone, Einaudi, Torino, 2006, vol I, cap. XXXVIII.

6) Breviarium Sanctae Capuanae Ecclesiae, cit., p. 10.

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Approfondimenti:

San Biagio Vescovo e Martire nell’arte

Il culto di San Biagio Vescovo e Martire

Autore: Maria Alessandra de Caterina

Mi chiamo Maria Alessandra de Caterina, sono una storica dell'arte e una guida turistica di Roma. Organizzo visite guidate a Roma e dintorni, escursioni giornaliere e tour di più giorni.

Un commento su “San Biagio Vescovo e Martire”

  1. Finalmente mi sono deciso ad inviarti questo commento, ma il fatto e’ che non appena spunta un po’ di sole chiudo la porta di casa e comincio i miei giri…..
    Il ritardo e’ stato anche dovuto ad alcuni dubbi che mi sono sorti, nel leggere i tuoi articoli su S. Biagio e percio’ mi sono preso un po’ di tempo per fare alcune ricerche specifiche.
    A prescindere dal fatto che ancora una volta hai dato dimostrazione del tuo potere di sintesi(pur non tralasciando i passaggi piu’ significativi), nel raccontare le tante cose che riguardarono la vita e gli avvenimenti miracolosi di questo santo, cosi’ importante in tutto il mondo cristiano, tanto da essere venerato in numerosi luoghi del ns. pianeta, dei dubbi, come dicevo, mi sono sorti sui 14 Santi Ausiliatori, di origini, pare, teutoniche e dei quali fa parte ache S.Biagio, come protettore della gola.
    Questi Santi, nel loro insieme, fin dal medioevo erano venerati specialmente in Germania, come hai ben detto, e la ricorrenza della loro festivita’ fu fissata, al nord e anche da noi, il giorno dell’8 agosto; pero’ ho anche letto su Wikipedia(l’art. che ti ho inviato) che nel 1969, a seguito di un concistoro, Paolo VI soppresse, col rinnovamento del Calendario Romano, il “culto” dei Santi Ausiliatori; questa lettura, li per li, mi ha mandato in tilt. Mi sono detto:”non e’ possibile, il culto ancora esiste ed in particolare in un convento di Francescani nell’alta Franconia….poi, riflettendo, ho capito che, trattandosi di calendario, lo scrivente abbia equivocato, scrivendo “culto” invece di “ricorrenza” della festivita’ dei Santi Ausiliatori dell’8 agosto; infatti questa e’ stata sostituita con S.Domenico Guzman. Tuttavia un’altra cosa desidero dirti: che in un altro testo si dice che sono stati radiati dall’elenco dei Santi Ausiliatori(con la pubblicazione del Nuovo Calendario Romano, da parte della S.Congregazione dei Riti) i seguenti Santi: S.Barbara – S.Caterina di Alessandria – S.Margherita o Marina – S.Eustachio – con la motivazione che ” probabilmente non sono mai esistiti”…..
    Fammi sapere, per cortesia, cosa ne pensi di tutto cio’.
    Ti rigrazio e ti saluto, ciao

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