Sono pochi i documenti su San Sebastiano dai quali si possono ricavare notizie certe sulla sua vita.

Dati storici li troviamo nella Depositio martyrum, il più antico calendario della Chiesa di Roma, dove l’inserimento del nome di Sebastiano ne attesta il culto fin dai primi secoli. Il documento risale al 354.
La Depositio martyrum insieme alla Depositio episcoporum sono una fonte molto importante per la conoscenza dei martiri romani. I due elenchi riportano la data di morte (il dies natalis cristiano), il nome del santo e il cimitero dove è stato seppellito. I santi elencati, eccetto San Pietro e San Paolo, sono compresi tra la prima metà del III secolo e gli inizi del successivo. Entrambe le due depositiones erano contenute nel Cronografo romano, un documento che comprendeva anche delle parti illustrate. Era denominato anche “del 354”, in base alla sua datazione, o “Calendario filocaliano” dal nome del suo autore, Furio Dionisio Filocalo.
Altre fonti storiche sono un breve commento al salmo 118 di S. Ambrogio (340-397) dove si apprende l’origine milanese di Sebastiano e il suo trasferimento a Roma, ma non è specificato il motivo.
Queste poche notizie storiche sono state poi ampliate nella Legenda Aurea, una raccolta di vite di santi, compilata in latino nel XIII secolo da Jacopo da Varazze (Jacopo da Varagine), frate domenicano e vescovo di Genova. I suoi racconti hanno ispirato numerosissime iconografie sulla vita dei santi ritratti in bassorilievi, vetrate, predelle e affreschi.

Un’altra fonte è la Passio Sancti Sebastiani (Acta Sancti Sebastiani Martyris), un romanzo storico ricco di particolari prodigiosi, scritto probabilmente nel V secolo da un monaco romano, Arnobio il Giovane, che coincide con le due principali fonti storiche (la Depositio martyrum e il commento di San’Ambrogio) per quanto riguarda il martirio subito a Roma e la sepoltura in catacumbas.
Il santo è venerato come il terzo patrono di Roma dopo i due apostoli Pietro e Paolo e festeggiato il 20 gennaio. Ebbe a Roma, per tutto il Medioevo, una particolare venerazione (si contavano allora nove basiliche e cappelle dedicate al santo) e nel 680 Paolo Diacono nella Historia Langobardorum narra che fu attribuita all’intercessione di Sebastiano la fine di una pestilenza scoppiata a Roma. Da allora la figura del martire-soldato divenne popolarissima in tutto il mondo occidentale, invocato anche contro le epidemie e per i molti miracoli attribuiti alla sua intercessione.
Vita di San Sebastiano
L’imperatore Gallieno nel 260 promulgò degli editti con i quali si concedeva libertà di culto. Grazie a questi, i cristiani ebbero un periodo di pace che durò fino al 303. Diocleziano, divenuto imperatore nel 284, in un primo tempo voleva portare avanti questo clima pacifico e di integrazione ma 18 anni dopo, dal 303, scatenò in tutto l’impero, soprattutto in Oriente, dove il cristianesimo era ormai largamente diffuso, una tra le persecuzioni più feroci e crudeli che la storia ricordi, proseguita negli anni successivi da Galerio. Passata alla storia come la “Grande Persecuzione” o “l’era dei martiri”, rappresentò il massimo tentativo fatto dall’Impero, per estirpare la nuova religione che invece ne uscì ancora più forte (1).
Secondo la Passio, Sebastiano nacque a Milano o a Narbona da genitori cristiani che gli trasmisero la loro fede. Nel 270 si trasferì a Roma e verso il 283 si arruolò nell’esercito intraprendendo la carriera militare e divenendo un alto e stimato ufficiale (tribuno della prima coorte) della guardia dell’imperatore. Il corpo della guardia personale imperiale era costituita da diciassette coorti pretorie e la prima di questa era tenuta molto in considerazione.


Per la sua lealtà e fedeltà, divenne molto gradito agli imperatori Diocleziano e Massimiano che non sapevano della sua fede cristiana. Grazie alla posizione raggiunta, Sebastiano poté con discrezione assistere i cristiani in carcere, occuparsi della sepoltura dei martiri e convertire nobili e militari.
Un episodio della vita di Sebastiano è quello dell’arresto di due giovani cristiani, i fratelli Marco e Marcelliano. Ai due ragazzi furono concessi trenta giorni prima di essere condannati, condanna che non sarebbe avvenuta se i due giovani avessero abiurato la fede cristiana facendo sacrifici agli dei. In carcere i due, ormai sul punto di cedere per paura, furono confermati nella loro fede dal tribuno Sebastiano.
La Passio, ricca di particolari, narra che i presenti videro Sebastiano, mentre parlava ai due ragazzi, circondato di luce, nonostante il buio della cella. Era presente anche la moglie del capo della cancelleria imperiale, Zoe, muta da sei anni. Alla donna, inginocchiatasi davanti a Sebastiano, fu restituita la voce dopo che il Santo le impose il segno della croce sulle labbra. In seguito a questo miracolo si ebbero molte conversioni tra cui anche quelle dei custodi dei due fratelli.
Il primo martirio
Denunciato agli imperatori, Sebastiano, che era stato nel frattempo proclamato da Papa San Caio “difensore della fede” per la sua assistenza ai cristiani e dopo aver seppellito i quattro martiri detti “Quattro Coronati” (Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato) sulla via Labicana, fu arrestato e condannato a morte.

Fu legato ad un palo in una zona chiamata “campus” nel colle Palatino e condannato a morire per mano degli arcieri: fu colpito da così tante frecce da sembrare quasi ericius, un riccio. I soldati, che lo credettero morto, abbandonarono il suo corpo nel campo per farlo divorare dagli animali selvatici.

Durante la notte si recarono sul luogo un gruppo di cristiani per recuperare il corpo e dargli degna sepoltura. Tra questi c’era anche Irene, una matrona romana che si accorse che Sebastiano era ancora vivo. Irene lo portò nella sua casa sul Palatino e gli curò le ferite.

Il secondo martirio
Una volta guarito però, Sebastiano non seguì il consiglio dei suoi compagni di abbandonare Roma. Il tribuno affrontò pubblicamente gli imperatori Diocleziano e Massimiano “stans super gradus Heliogabali” (la gradinata che portava ai cinque ingressi del tempio di Eliogabalo, i cui resti sono visibili accanto alla chiesa di San Sebastiano al Palatino), proclamando la sua fede davanti ad essi e rimproverando Diocleziano per le persecuzioni perpetrate contro i cristiani.

L’imperatore, superata la sorpresa, lo fece catturare nuovamente, ordinando che fosse flagellato a morte nell’hippodromus Palatii, da identificare con lo Stadio di Domiziano (che fa parte del palazzo imperiale della Domus Augustana sul Palatino).
Il secondo martirio di Sebastiano avvenne molto probabilmente nel 304 d.C.


Il suo corpo questa volta venne gettato nella Cloaca affinché non fosse recuperato, per impedire ai cristiani di seppellirlo e di venerare i suoi resti. I pagani pensavano, che abbandonando i corpi dei martiri senza seppellirli, si negasse loro la possibilità di resuscitare. La notte seguente il santo apparve in sogno alla matrona Lucina, le disse dove giaceva il suo cadavere e le ordinò di seppellirlo nel cimitero sulla Via Appia presso la tomba dei SS. Pietro e Paolo in catacumbas.

Come è noto, i due martiri Pietro e Paolo erano stati seppelliti presso il Vaticano (San Pietro) e sulla via Ostiense (San Paolo). Anche se non vi sono prove archeologiche, numerose sono le attestazioni documentarie sulla presenza, per un certo periodo, dei corpi dei due martiri nel cimitero sull’Appia, dove si trovano anche molti graffiti con invocazioni ai due santi. Una delle ipotesi è quella che in seguito alla grande persecuzione attuata da Valeriano (metà del III secolo), i due santi fossero stati temporaneamente tumulati nel cimitero sull’Appia poiché considerato un luogo più sicuro.
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Note
1) Tra le numerose vittime ci furono anche Sant’Agnese, i Santi Cosma e Damiano e i Santi Quattro Coronati.
Una fonte per la storia di questa persecuzione è il De mortibus persecutorum (Le morti dei persecutori), scritta da Lattanzio tra il 313 e il 314, sulla morte violenta degli imperatori persecutori del Cristianesimo, da Nerone a Massimino Daia.